giovedì 29 gennaio 2015

LA SBRISOLONA



La Sbrisolona (anche detta sbrisulona, sbrisulina o sbrisulada) è un dolce del nord Italia, originario della città di Mantova ed è comunemente prodotto e consumato in Lombardia, Emilia Romagna e nel Veronese.
Si distingue da altre preparazioni, proprio per il metodo di lavorazione e per come viene servito, infatti questo dolce non deve essere tagliato in fette regolari ma spezzato con le mani e si consiglia di accompagnarlo con un vino liquoroso come il Malvasia, il Vin Santo o il Passito di Pantelleria.
Caratteristica inconfondibile della torta è la sua friabilità che la porta a sbriciolarsi con estrema facilità (da cui il nome che nelle lingue gallo-italiche significa “sbriciolona” o “sbriciolata”).


INGREDIENTI

  • 200 gr. di farina bianca
  • 200 gr. di farina gialla
  • 200 gr. di mandorle
  • 200 gr. di zucchero
  • 1 limone
  • 2 tuorli di uova
  • 100 gr. di strutto
  • 100 gr. di burro

PREPARAZIONE

La preparazione della torta sbrisolona è molto semplice.
Dopo aver tritato un parte delle mandorle, tutti gli ingredienti vanno mescolati insieme.
L’impasto ottenuto deve essere poi riposto in una tortiera prestando attenzione a non compattarlo troppo.
Dopo aver cosparso l’impasto con delle mandorle intere, la torta sbrisolona va messa in forno a circa 180°.
Il tempo di cottura della torta sbrisolona è di circa 1 ora.
Quando la sbrisolona è pronta si usa cospargerla di zucchero.
Prima di servirla, è bene lasciarla raffreddare e consumarla a temperatura ambiente.




LAVARELLI AL VINO BIANCO


Un piatto che oltre a soddisfare il gusto, soddisfa prima di tutto gli occhi di chi lo guarda e ne sente l'odore meraviglioso, un piatto tipico Lombardo!
La carne morbida, delicata e saporita dei lavarelli ha ispirato, nella creatività culinaria lombarda, una ricetta davvero unica. Come esaltare il sapore di un pesce d'acqua dolce cosi genuino e pregiato? Facendolo semplicemente cuocere nel suo stesso brodo, con erbe aromatiche e vino bianco!

INGREDIENTI
  • 4 lavarelli
  • 1 cipolletta
  • 1 ciuffetto di prezzemolo
  • 1 mazzetto di erbe aromatiche
  • 2 bicchieri di acqua
  • 80 gr di burro
  • 1 spicchio di aglio
  • ½ limone
  • 200 ml. di vino bianco secco
  • Sale q.b

PREPARAZIONE

Pulite i lavarelli, privateli di teste e lische, sfilettateli. Utilizzate gli scarti (teste e lische) per preparare un brodo, facendoli bollire per circa 30 minuti a fiamma dolce insieme all'acqua, alle erbe aromatiche e all'aglio (facoltativo). Filtrate poi il brodo con un colino.
Affettate la cipolletta e soffriggetela in padella con metà dose di burro. Unite quindi i lavarelli sfilettati, il succo di mezzo limone, il vino bianco e il brodo filtrato. 
Aggiustate di sale e proseguite con la cotture a fiamma dolce per circa 5 minuti.
Prelevate i filetti e lasciateli al caldo. Aumentate l'intensità della fiamma così da far addensare il sughetto di cottura. 
Completate unendo il burro rimasto, spegnete la fiamma e aggiungete una manciata di prezzemolo.
Mantecate e versate il sughetto ottenuto sui filetti di lavarello. Impiattate e servite subito.

IDEE E VARIANTI

Per quanto riguarda la scelta delle erbette aromatiche, la tradizione lombarda vuole che si utilizzino melissa, finocchio selvatico e timo, erbette dal sapore particolarmente delicato, adatto alla pietanza in questione. Tuttavia siete liberi di provare con altre erbe e spezie di vostro gradimento.



LA SPONGARDA


La spongarda è un dolce tipico cremasco che la Regione Lombardia include nel’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali.
Si presenta come una torta bassa, di pasta compatta, elegantemente pizzicata e traforata sui lati e sulla superficie, che racchiude un ricco ripieno di frutta secca, canditi e spezie.

INGREDIENTI (dosi per 8 persone ed una teglia del diametro di 26 cm.)
Per la pasta:
  • 300 gr. farina + q.b. per la teglia
  • 150 gr. zucchero semolato
  • 100 gr. burro + q.b. per la teglia
  • 20 ml. olio d’oliva
  • 100 ml. vino bianco
  • Zucchero a velo q.b
Per la farcitura:
  • 100 gr. pane biscottato
  • 200 gr. miele
  • 50 ml. vino bianco
  • 50 gr. gherigli di noci
  • 50 gr. uva sultanina
  • 50 gr. nocciole spellate
  • 50 gr. mandorle spellate
  • 30 gr. pinoli
  • 50 gr. cedro e arancia canditi
  • 5 gr. cannella in polvere
  • 3 cucchiai di Cognac
  • Una grattata di noce moscata
  • Una macinata di pepe
PREPARAZIONE

Un giorno prima, preparare la farcitura nel seguente modo: fare ammorbidire l’uvetta a bagno in acqua tiepida per circa un quarto d’ora, quindi strizzarla, tamponarla con carta da cucina e tenerla da parte.
Tritare le noci insieme alle nocciole, tritare anche piuttosto finemente il pane biscottato.
Frullare le mandorle insieme ad un cucchiaio di zucchero fino ad ottenerne una farina.
Versare il miele in un tegame antiaderente, unitevi il vino e portate leggermente a bollore; mettere quindi la cannella in polvere, la noce moscata, il pepe e togliete dal fuoco. Aggiungere il pane biscottato, la farina di mandorle, le noci, le nocciole ed incorporare tutti gli ingredienti riportando il tegame sulla fiamma.
Togliete nuovamente dal fuoco ed aggiungete alla preparazione i pinoli, la frutta candita, l’uvetta ed il Cognac.
Una volta raffreddato, travasate il composto così ottenuto in una terrina, copritela e conservatela in frigorifero per 24 ore in modo che si insaporisca bene.

Il giorno seguente, preparate la pasta: versate in una ciotola la farina, lo zucchero, il burro ammorbidito e fatto a pezzetti, un cucchiaio di olio d’oliva ed impastate il tutto incorporando, man mano, il vino bianco; lavorate per almeno 15 minuti fino ad ottenere un composto piuttosto consistente, liscio ed omogeneo; coprite con della pellicola e fate riposare in frigorifero per circa un’ora.
Trascorso questo tempo, dividete l’impasto in due parti, una più grande dell’altra; con il mattarello stendete sul piano di lavoro leggermente infarinato i due pezzi di pasta, così da ottenere due dischi; foderate il fondo della teglia precedentemente imburrato ed infarinato con il disco più grande, facendolo risalire anche sul bordo, e versatevi il ripieno preparato livellandolo con una spatola inumidita.
Ricoprite la farcitura con il secondo disco di pasta e sigillatene i bordi pizzicandoli con le dita.
Bucherellate la superficie del dolce con i rebbi di una forchetta e pennellatela con l'olio rimasto.
Fate riposare ancora un giorno ed infornate quindi a 190° per 20-30 minuti; una volta raffreddato, guarnite la superficie del dolce con abbondate zucchero a velo fatto cadere a pioggia da un colino.



CONSERVAZIONE

La Spongarda, per la presenza del miele, è un dolce che si conserva molto a lungo, fino ad un anno, senza subire alterazioni.

N.B.:
Ottimo da gustare accompagnato con un buon bichiere di vino dolce.




RISOTTO ALLO ZAFFERANO



Qual’è il piatto che più all'oro assomiglia?
Massi, è proprio quello che ti piglia!
La leggenda racconta che
C’è un suo perché
Un mastro vetraio un piatto colorato si  ritrovò
Un risotto giallo che lo incantò
Era lo zafferano a dargli quel colore
Ciò creò grande stupore!


La stessa spezia veniva usata
Per colorare d’oro i dipinti di vecchia data
Il Risotto allo Zafferano così nacque
Il piatto milanese che tanto piacque!

Ecco qui, ci siamo!
La ricetta vi presentiamo:





Prima di tutto gli ingredienti, per 4 persone belle sorridenti J

  • 125 gr. di burro
  • Brodo q.b.
  • 1 cipolla
  • 150 gr. grana padano grattugiato
  • 1 pistillo di zafferano
  • 1 bustina di zafferano
  • 350 gr. riso arborio
  • 200 ml. vino bianco
La Preparazione di conseguenza è chiaramente un’esigenza!

Per preparare il risotto allo zafferano cominciate tritando finemente la cipolla, dopo di che fate sciogliere, a fuoco lento, 80 gr di burro facendo attenzione che non frigga, quindi aggiungete la cipolla tritata finemente e fatela imbiondire mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. 
Unite il riso e fatelo tostare facendogli assorbire bene il burro, successivamente alzate il fuoco e bagnate il riso prima con il vino, che lascerete evaporare, e poi con 2 mestoli di brodo bollente; mescolate sempre e, quando questo sarà quasi assorbito, aggiungetene altri 2 mestoli. Questa operazione dovrà essere ripetuta fino alla completa cottura . 
Negli ultimi 5 minuti di cottura, sciogliete lo zafferano in poco brodo e versatelo nel riso facendolo amalgamare bene. 
Una volta che il riso ha raggiunto la cottura desiderata va tolto dal fuoco e mantecato con il grana grattugiato e con il resto del burro. A questo punto assaggiate il riso e aggiustatelo eventualmente di sale: consigliamo di effettuare questa operazione poco prima del termine della cottura, in quanto il riso viene bagnato con il brodo che è già salato di per se, quindi è meglio controllare il grado di sapidità al termine, per evitare brutte sorprese. Prima di servirlo, è meglio lasciare riposare il risotto allo zafferano per qualche istante, in modo che possa insaporirsi ulteriormente. Spargete i pistilli di zafferano sul risotto per decorare i piatti di portata.

Speriamo un po’ d’aiuto di avervi dato, 

ed il vostro palato aver deliziato 

BUON APPETITO vi diciamo 

Ed una buona giornata vi auguriamo!



giovedì 22 gennaio 2015

OSSOBUCO ALLA MILANESE



Sfogliando i ricettari dedicati ai più tradizionali piatti di carne bovina della cucina milanese, si nota che al manzo è sempre preferito il vitello. L'ossobuco, la costoletta, il rostin negàa, richiedono infatti, nella loro originale esecuzione, esclusivamente l'uso di questo tipo di carne. Il motivo di tale scelta è la sua morbidezza. Il vitello, per essere tenero, non deve superare il peso di 300 kg. e aver ricevuto un'alimentazione solo a base di latte. Per l'Ossobuco si usa di preferenza il geretto di vitello posteriore che è il più tenero. Le fette ricavate, il cui spessore può variare da 3 a 4 cm., sono comprensive di osso centrale con midollo. Quest'ultimo è di fondamentale importanza e costituisce l'elemento irrinunciabile del piatto perché, sciogliendosi durante la cottura insieme al connettivo che lega la polpa, contribuisce a conferire mostosità al cibo. La preparazione è in umido: la carne viene fatta cuocere in un intingolo ristretto, a bassa temperatura con l'aggiunta di liquidi, poco alla volta. Con questo procedimento essa può rimanere sul fuoco, anche a lungo, senza che vi sia dispersione di sapore. A cottura quasi ultimata, la carne deve essere ulteriormente insaporita da un trito a base di prezzemolo, aglio e limone detta "gremolata". L'originale ricetta prevede la cottura in "bianco", ossia senza pomodoro. Questo ortaggio, che nel 1700 era già diffuso in molte regioni italiane (soprattutto nel sud d'Italia), è stato a lungo ignorato dalla cucina meneghina. La pianta, ritenuta al tempo da alcuni perfino velenosa, aveva una funzione esclusivamente ornamentale. Solo alla fine del secolo successivo compariranno preparazioni che includono l'uso del pomodoro.

La ricetta tradizionale dell'Ossobuco alla Milanese



INGREDIENTI  per 4 persone
  • 4 tranci di stinco di vitello alti 4 cm. ("geretto" circa 300 g. l'uno), tagliati nella parte bassa, dove l'osso è piccolo e ripieno solo di midollo, non di osso spugnoso 
  • Farina bianca
  • 50 g. di burro
  • 1/4 di cipolla tritata
  • Un mestolo di brodo
  • Un piccolissimo pomodoro fresco spellato e tritato o la punta di un cucchiaio di salsa di pomodoro (non indispensabile)
  • Sale
Per la "gremolada"
  • Buccia di un limone grattugiata
  • Mezzo spicchio di aglio (non indispensabile)
  • Un'acciuga diliscata
  • Una manciata di foglie di prezzemolo tritate

PREPARAZIONE

In un tegame largo imbiondire la cipolla nel burro, mettere gli ossibuchi leggermente infarinati, rosolarli da ambo le parti, voltandoli senza pungerli.
Versarvi un poco di brodo, il pomodoro (in quantità minima perché la cucina milanese ha resistito più di altre cucine all'introduzione di questo ortaggio che nel '700 aveva già conquistato molte altre cucine), il sale, coprire il tegame e portare a cottura a fuoco lento per un'ora e mezza circa, finché hanno un aspetto leggermente glassato. 
Cinque minuti prima di servire, aggiungere la "gremolada", ossia un trito di buccia gialla di limone, prezzemolo, aglio e acciuga, mescolare bene e servire con risotto alla milanese.







LA POLENTA

La storia della polenta è assai antica ed intimamente connessa con l’evoluzione dell’uomo. L’uomo delle caverne usava alimentarsi con cereali che sbriciolava tra due pietre e poi cuoceva in acqua bollente, così facevano anche i babilonesi, gli assiri e gli egiziani.
Nell’epoca romana la polenta era chiamata con un nome molto simile al nostro, “pultem”. Essa era fatta con un cereale simile al grano, più duro: il farro, che macinato e cotto, dava una polentina molle, che veniva servita con formaggi e carni varie. Sino alla scoperta dell’America il mais non era contemplato nella preparazione della polenta che veniva preparata con farro, grano saraceno, miglio, ecc.
In America, precisamente nelle zone centrali del continente (Messico, Guatemala, Honduras), i Maya, gli antichi abitanti, coltivavano il mais già tremila anni fa. Da allora, per oltre due millenni, il ritmo della vita di quelle popolazioni fu basato sul ciclo del mais.
Tornando in Europa, si hanno notizie di polenta di farina gialle nel Friuli già verso il 1550-55.

  • La polenta Taragna. In molte città del nord è conosciuta semplicemente come taragna, è una ricetta tipica della cucina valtellinese e di Lecco ma è molto conosciuta anche in Valle Camonica, nel Bresciano, nel Bergamasco e in Valle d'Aosta. Come le altre polente montane è preparata con una miscela contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, diversamente dalle preparazioni nella maggior parte delle altre regioni, che utilizzano un solo tipo di farina, ottenendo quindi una polenta gialla. A differenza dell'Uncia, nella polenta taragna il formaggio viene incorporato durante la cottura.


  • La polenta Uncia (unta). È così chiamata perché è un misto tra polenta fusa con formaggio e con l'aggiunta del burro fuso. Questo tipo di polenta è originaria della provincia di Como ed è diffusa anche, con piccole varianti, nelle provincie di Lecco di e Bergamo. Si può degustare in diversi rifugi e baite del territorio. La polenta uncia è un piatto dal sapore delicato e va preparata in un modo ben preciso, ad esempio è molto importante che questa polenta sia cotta in un paiolo di rame. Gli ingredienti necessari sono: polenta, sale, formaggio semigrasso, aglio, come si vede in foto molto burro e salvia.

Se vuoi mangiare una buona polenta Uncia, accompagnata da brasato di cervo o stinco di maiale, ti consiglio il “Rifugio Martina”: Località San Primo 22021, Bellagio (CO).




Qui puoi trovare la mappa del luogo.



LA CASSOEULA

Dalla pentola ……..

Il piatto, così come viene preparato, nasce all'inizio del XX secolo, ma le sue varianti più antiche sono di origine incerta e controversa. Probabilmente, il piatto deriva ed è legato alla ritualità del culto popolare di Sant’Antonio abate, festeggiato il 17 gennaio, il quale segnava la fine del periodo delle macellazioni dei maiali. I tagli di carne utilizzati per la cassoeula erano quelli più economici e avevano lo scopo di insaporire la verza, elemento invernale basilare della cucina contadina lombarda nei secoli scorsi. Ciò ha fatto presumere ad alcuni storici che il piatto sia nato da aggregazione successiva di ingredienti intorno al nucleo di verza e maiale, altri ipotizzano invece che il piatto originario, di origine barocca, prevedesse l'utilizzo di diversi tipi di carne e vi sia stata una successiva semplificazione e riduzione di ingredienti. È anche ritenuto plausibile che i due piatti, la versione "povera" e la versione "ricca", avessero origine diversa e nel tempo vi sia stata una sorta di convergenza che ha portato al piatto come è attualmente conosciuto.
Il nome deriva probabilmente dal cucchiaio con cui si mescola (casseou) o dalla pentola in cui si prepara (casseruola). Esiste un'altra spiegazione per il nome: per tradizione, il piatto veniva preparato dagli operai dei cantieri edili, una volta che l'edificio fosse giunto al tetto. Per questo motivo si pensa che il nome derivi dall'attrezzo utilizzato per mescolarla durante la cottura, per l'appunto la "cazzuola". È da segnalare inoltre che esiste un piatto della tradizione tedesca, il "Kasseler" ("càssola" nella pronuncia tedesca), consistente in tagli di maiale affumicato servito con un contorno di cavolo verza.

La cassoeula è un piatto tradizionale lombardo. La preparazione è lunga e un po’ complessa, ma il risultato è veramente gustoso. Si presenta in molte varianti. Gli ingredienti di base sono le verze e le parti povere del maiale: piedini, cotenne, costine, testa, verzini (salamini). Per il suo alto apporto calorico e il senso di sazietà che genera, la cassoeula è da considerarsi un piatto unico. Richiede circa 3 ore di cottura.

INGREDIENTI:

  • 800 gr. Costine di maiale 
  • 200 gr. Cotenna di maiale e Piedini di maiale
  • 2 Verzini
  • 4 salamini di maiale
  • 2 Carote
  • Sedano qb, 
  • 1 Cipolla grossa 
  • 1 kg. Verza
  • Salvia qb,
  • Alloro qb, 
  • Burro qb, 
  • Olio extra vergine d'oliva qb, 
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • Pomodoro salsa
  • Limone succo qb, 
  • Sale qb, 
  • Pepe qb.

PROCEDIMENTO:

Raschiare le cotenne e metterle a bagno in acqua tiepida per una mezz'ora e fiammeggiare i piedini per eliminare gli eventuali peli, e se già non l'ha fatto il salumiere, tagliarle prima per il lungo e poi a metà. Lavare e raschiare le carote, lavare il sedano e tritarli con la cipolla molto finemente. In una casseruola larga soffriggere il trito di verdure con olio e burro, fino a far diventare la cipolla appena dorata, unire le costine e fare rosolare mescolando, aggiungere le cotenne e i piedini. Rosolare bene, bagnare con un bicchiere di vino bianco e fare evaporare, pepare, salare e aggiungere una cucchiaiata di salsa di pomodoro, qualche foglia di salvia, alloro, una tazza abbondante di acqua calda. Lasciare cuocere col coperchio a fuoco molto moderato, mescolando e controllando la cottura di tanto in tanto. Nel frattempo pulire la verza eliminando le foglie più dure e le costolette, e tagliandola in grossi pezzi. Quando la carne sarà circa a metà cottura unire le salsicce o i salamini da verza, che avrete punzecchiato, e le foglie di cavolo verza. Coprire e lasciare cuocere lentamente. A fine cottura il sugo deve essere denso e gelatinoso. Per rendere questo piatto più digeribile, spruzzatelo con il succo di limone.


Al piatto …..




I CASONCELLI DELLA BERGAMASCA (Casonsèi de la bergamasca)

Oggi proponiamo i Casonsei,
Si tratta di una  pasta ripiena la cui farcia è costituita da carne, grana padano grattugiato ed erbe aromatiche, mentre la pasta ha una tipica forma a mezza luna. Il tutto condito con abbondante grana padano grattugiato, burro, pancetta e salvia.

Questa pasta ripiena ha il riconoscimento P.A.T.(prodotto,agroalimentare tradizionale)




E’ un piatto estremamente povero e di facile preparazione, nato per utilizzare gli avanzi delle carni suine e bovine. Poi, con il passare del tempo, il prodotto si è affinato e nell’800 i casoncelli hanno ottenuto gli onori della tavola, sia per la qualità della sfoglia che per quella del ripieno, arricchitosi rispetto alla ricetta tradizionale con l’aggiunta di amaretti, uva sultanina, pera spadona e scorza di limone.
I casoncelli alla bergamasca, appetitosi ravioli ripieni a foggia di mezzaluna, compaiono quasi sempre tra le proposte dei ristoranti della provincia, talvolta con la denominazione dialettale “casonsei”. Questo piatto viene spesso considerato come il fiore all’occhiello della tradizione alimentare riferita ai primi piatti bergamaschi: un appuntamento gastronomico da non lasciarsi sfuggire ogni qual volta ci si trovi a visitare il nostro suggestivo territorio.

Qui proponiamo la ricetta classica, di questo tradizionale e appetitoso piatto,

INGREDIENTI PER 6/8 PERSONE

Pasta
• 400 gr di farina “00″;
• 100 gr di semola di grano duro;
• 2 uova.
• Acqua q.b.

Ripieno
(1 kg. di ripieno):
• 125 gr di pane grattugiato;
• 1 uovo;
• 70 gr di grana grattugiato;
• 150 gr di macinato per salame;
• 100 gr di carne bovina arrostita;
• 5 gr di amaretti;
• 10 gr di uva sultanina;
• 1 pera spadona;
• Scorza di limone q.b.
• Aglio e prezzemolo q.b.

Condimento
• 80 gr di burro;
• 100 gr di pancetta tagliata a bastoncini;
• 100 gr di grana grattugiato;
• Alcune foglie di salvia.

PROCEDIMENTO

Amalgamate bene la farina insieme alla semola, le uova, un pizzico di sale e aggiungete acqua quanto basta ad ottenere un composto omogeneo, quindi lasciatelo riposare per almeno mezzora.
Nel frattempo preparate il ripieno: fate rosolare con una noce di burro il macinato per salame, quindi unitevi la carne arrostita, l’aglio il prezzemolo e fate insaporire alcuni istanti. Versate il tutto in una terrina, unitevi il grana, il pangrattato, le uova, gli amaretti sbriciolati, l’uvetta tritata, una macinata di pepe e un pizzico di sale.
Amalgamate l’impasto.
Se risultasse troppo asciutto aggiungete un goccio di brodo o acqua.
Stendete la sfoglia, ritagliate dei dischi di 6/8 cm riempiendoli al centro un cucchiaio di ripieno.
Si cuociono i casoncelli in abbondante acqua salata.
Dopo averli scolati si condiscono con il burro fuso insaporito con foglie di salvia, la pancetta e del parmigiano grattugiato.



giovedì 8 gennaio 2015

Dalla tradizione di ieri, al gusto di oggi, a quello di domani!


Spesso pensando ai prodotti tipici lombardi ci viene in mente la tipica e famosissima cotoletta alla milanese.
Con questo blog vogliamo raccontare e proporre la storia dei tanti prodotti che la Lombardia offre.

- La cucina lombarda accomuna gastronomie di province diverse, con una serie di prodotti gastronomici tipici della produzione agricola della regione.

Sui metodi di elaborazione e di cotture di questi alimenti hanno avuto influenza denominazioni che nel corso dei secoli vi si sono succedute.

Le specialità tipiche della Lombardia sono diverse, alcuni esempi sono : "la cassoeula", "l'oss buss", l'osso buco,  "la buseca", ovvero la trippa cucinata in un modo particolare (in asciutto o in brodo), "la pulenta", polenta che può essere fatta con diversi ingredienti es: con i funghi, taragna, uncia, con formaggi e burro.